Nell’articolo di oggi, parleremo del coworking e cercheremo di capire se questo modello di business, sia davvero redditizio o sia l’ennesima moda non supportata da dati economici.

Cosa sono gli spazi di coworking?

Gli spazi di coworking offrono ambienti di lavoro condivisi, favoriscono il networking e forniscono soluzioni ideali per piccole imprese, startup e freelance. Si tratta di un trend in crescita, come evidenziato dal crescente numero di questi spazi. Generalmente, le aziende optano per il coworking per ridurre costi, incrementare la flessibilità e stimolare la creatività, trovando in questi spazi un ambiente ideale per la crescita e l’innovazione. 

Spesso questi spazi sorgono vicino dei poli universitari per sfruttare la prossimità a giovani talenti e ad idee innovative, creando un ponte tra il mondo accademico e quello imprenditoriale e, creando spesso dei circoli virtuosi tra le varie figure coinvolte. In questo, gli spazi di coworking rappresentano sicuramente un modello interessante… Ma lo sono anche da un punto di vista puramente economico? Vediamo prima qualche statistica. 

Alcuni dati e statistiche

Gli spazi di coworking sono utilizzati da oltre due milioni di persone in tutto il mondo. 

Secondo un’analisi di Copernico – la rete di luoghi di lavoro, uffici flessibili e servizi di smart working – a contribuire a questo andamento positivo sono stati soprattutto gli uffici privati, che hanno permesso un incremento del guadagno del 9% e corrispondono al 27% del flusso totale di reddito del coworking. Dall’altro lato, anche la riduzione degli affitti di almeno il 3% ha reso questa soluzione più appetibile. Al momento, nel mondo esistono oltre 35.000 spazi di coworking, per un totale di oltre 11 milioni di metri quadrati occupati da uffici condivisi. Solo nel 2018 sono stati inaugurati 2 mila nuovi spazi, la metà dei quali si trovano negli Stati Uniti. La città più dinamica sembra però essere Londra, dove in media nasce un nuovo coworking ogni 5 giorni. Questo trend, non sembra volersi fermare e le stime prevedono che entro la fine del 2024, gli spazi di coworking saranno 41.975. Si tratterebbe di un tasso di crescita globale su base annua di circa il 21,3%. I numeri per l’Europa sono leggermente diversi e, con una stima di 148 operatori di coworking, l’Europa conta circa 6.850 spazi di coworking. Il tasso di crescita annuale previsto per gli spazi di coworking in Europa è del 4,7%, molto lontano dal 21,3% globale. 

Chi sono gli utilizzatori di questa tipologia di spazi?

I freelance rappresentano circa il 42% dei membri degli spazi di coworking in tutto il mondo. Il settore IT impiega il 20% dei lavoratori degli spazi di coworking. I coworking hanno in genere il 40% – 45% di donne come membri, mentre il 50% – 55% degli spazi di coworking sono occupati da uomini. Il 62% degli utilizzatori di spazi di co-working è un millennial ed infatti, l’età media di coloro che utilizzano gli spazi di coworking è compresa tra i 30 e i 39 anni. L’età media è di 35 anni per gli uomini e di 30 per le donne. 

É davvero profittevole come modello di business?

A livello globale, solo il 30% delle aziende di coworking ha registrato profitti, il 41% perdite e il 29% viaggia attorno al punto di Break-even, non registrando perdite o profitti sostanziali. Anche qui l’Italia non primeggia, ma anzi segue in difetto un trend già generalmente poco profittevole. Di fatto, numerosi spazi presenti in Italia risultano meno profittevoli rispetto alla media globale: nel 2017 si arrivava a meno del 30%. Questo dato sembra derivare dalla concezione che si ha del coworking nel nostro Paese: anche se la maggior parte ha la forma giuridica di società di capitali, spesso questi spazi non nascono con lo scopo dichiarato di fare business, ma per cercare clienti e visibilità oppure semplicemente per ridurre le spese di gestione dell’azienda. Inoltre, questo modello di business può essere soggetto ad eventi di natura esogena come una pandemia. Durante il Covid-19, infatti, circa il 21,76% di questi spazi è stato costretto a chiudere i battenti. Come se non bastasse, con lo sviluppo dello smart working e dei nuovi “home office” dall’inizio della pandemia, il 71,67% delle sedi ha registrato un notevole calo del numero di persone che utilizzano il proprio spazio di coworking per lavorare. A conferma di quanto detto sopra, negli ultimi cinque anni, il numero di persone che lavorano a distanza è aumentato del 44%.

Ma allora perché è così popolare?

Stando ad un sondaggio di TeamStage, l’89% dei partecipanti ha dichiarato di sentirsi meglio dopo aver iniziato a lavorare in uno spazio di coworking. L’isolamento e la solitudine sono tra i principali ostacoli del lavoro a distanza, secondo il 47% dei dipendenti remoti a livello globale. Inoltre, sempre secondo un report di Zippia, Il 69% degli utenti di spazi di coworking ha dichiarato di aver acquisito nuove competenze.

In quest’era di interconnessione digitale e flessibilità lavorativa, il fenomeno del coworking sembra offrire una soluzione ideale. Tuttavia, la critica e lo scetticismo emergono quando si esaminano i dati economici e le realtà operative di questo modello. Sebbene gli spazi di coworking possano essere visti come fucine di creatività e innovazione, soprattutto per start-up e professionisti freelance, un’analisi più approfondita solleva interrogativi significativi sulla loro sostenibilità economica. Il dato che solo il 30% delle aziende di coworking a livello globale registra profitti è indicativo. Questo dato, suggerisce che il successo economico del modello di coworking non è così diffuso come si potrebbe pensare o come qualcuno vorrebbe farci credere. Una via più sostenibile, potrebbe essere quella legata a sovvenzioni pubbliche da parte di enti statali, regionali ed istituzioni universitarie che potrebbero sfruttare degli spazi poco sfruttati già rientranti nelle loro disponibilità immediate o, creare dei poli di coworking tali da far nascere ecosistemi virtuosi che, pur non portando ricavi strettamente legati al business, creerebbero prestigio e profitto ad ampio raggio per le istituzioni ed i territori coinvolti.