L’economia cinese sta attraversando uno dei periodi più complessi degli ultimi decenni. Dopo anni di crescita a ritmi serrati, Pechino si trova ora di fronte a sfide economiche senza precedenti: il rallentamento del mercato immobiliare, la debolezza della domanda interna, l’aumento del debito pubblico e una crescente disoccupazione giovanile.

Il rallentamento è stato causato principalmente dal settore immobiliare, che ha subito una frenata dopo anni di crescita esponenziale, e dalla scarsa fiducia dei consumatori, che stanno preferendo risparmiare piuttosto che spendere.

Per esempio, una delle strategie più discusse è quella che prevede che i governi locali acquistino terreni inutilizzati e immobili invenduti dai costruttori. Si tratta di un tentativo di risolvere il problema dell’eccesso di offerta sul mercato immobiliare, che ha messo in difficoltà molti sviluppatori. Le stime parlano di un costo complessivo di circa 3 trilioni di yuan (421 miliardi di dollari), una somma enorme che riflette la portata della crisi nel settore immobiliare.
Uno dei problemi più complessi che la Cina si trova ad affrontare è l’enorme quantità di debito accumulato dai governi locali. Si stima che il debito “nascosto”, non ufficialmente dichiarato, si aggiri tra i 50 e gli 80 trilioni di yuan. Gran parte di questo debito è legato al crollo dei prezzi immobiliari e alla chiusura di molte imprese durante la pandemia.
Per cercare di contenere il rischio di default, Pechino ha annunciato che metterà a disposizione circa 6 trilioni di yuan fino al 2027 per aiutare i governi locali a ristrutturare questo debito rischioso. Si tratta di una misura essenziale, soprattutto considerando che molte amministrazioni locali sono al limite della bancarotta e stanno facendo fatica a pagare le spese correnti. Senza questo intervento, il rischio di un’ondata di fallimenti locali sarebbe molto alto, con gravi conseguenze sociali e politiche.

Se le misure prese dal governo cinese non si dimostreranno sufficientemente efficaci, esiste un pericolo reale che la Cina possa cadere in una spirale deflazionistica, simile a quella vissuta dal Giappone dopo lo scoppio della bolla immobiliare negli anni ’90. La deflazione è un fenomeno pericoloso perché riduce i prezzi, rallenta i consumi e fa crescere il valore reale del debito, rendendo ancora più difficile per le imprese e i governi locali ripagare i propri debiti.
Il rischio di deflazione è già presente: i prezzi alla produzione sono scesi per due anni consecutivi, e le esportazioni — tradizionalmente uno dei motori dell’economia cinese — hanno rallentato in modo significativo. Questo ha messo ulteriore pressione sulle imprese cinesi, che vedono i loro margini di profitto ridursi e hanno sempre meno risorse per investire e crescere.
Un altro problema che la Cina sta cercando di risolvere è quello della stagnazione del mercato immobiliare, un settore che ha rappresentato per anni il principale motore della crescita economica. Molti consumatori cinesi sono ora riluttanti a spendere grandi somme per l’acquisto di case, e le banche sono sempre più caute nel concedere mutui. A peggiorare le cose, molte famiglie cinesi stanno utilizzando i propri risparmi per pagare i mutui esistenti, piuttosto che per nuovi investimenti o consumi.
Per cercare di riattivare il settore, il governo ha messo in campo una serie di misure, tra cui il taglio dei tassi sui mutui e l’offerta di sussidi per chi acquista una nuova casa. Queste misure, purtroppo, potrebbero non essere sufficienti. Per molte famiglie, l’insicurezza economica legata alla pandemia e al rallentamento del mercato immobiliare ha ridotto la fiducia nei confronti del futuro, portandole a risparmiare piuttosto che investire.

Il presidente Xi Jinping si trova ora di fronte a una sfida cruciale: come rilanciare la crescita senza tornare al vecchio modello basato sul debito e sugli investimenti in settori tradizionali? Xi ha chiarito che il suo obiettivo è quello di puntare su uno
“sviluppo di alta qualità”, investendo in settori come l’energia verde e i semiconduttori, per far avanzare la Cina lungo la catena del valore globale.
Per quanto la Cina stia cercando di promuovere una transizione verso un’economia più tecnologica e sostenibile, la verità è che la “vecchia economia” — fatta di immobili, infrastrutture e produzione industriale — continua a rappresentare la maggior parte della crescita e dei posti di lavoro. Ignorare questa realtà potrebbe avere conseguenze gravi, non solo in termini economici, ma anche sociali. La disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 18,8% ad agosto, è un segnale allarmante che richiede interventi urgenti.
Il futuro dell’economia cinese è incerto. Da un lato, ci sono segnali positivi: i tagli dei tassi, le misure per sostenere il settore immobiliare e gli stimoli fiscali potrebbero aiutare la Cina a raggiungere l’obiettivo del 5% di crescita per quest’anno. Dall’altro lato, però, restano molte incognite: il problema del debito, la stagnazione del mercato immobiliare e la debolezza della domanda interna sono sfide che richiederanno interventi ben più incisivi.
Ciò che è chiaro è che il governo cinese è impegnato a trovare un equilibrio tra stimoli immediati e riforme strutturali a lungo termine, ma, la strada è ancora lunga, e il successo dipenderà dalla capacità di Pechino di adattarsi a un’economia in rapido cambiamento, senza trascurare le esigenze immediate della popolazione e delle imprese.
In un contesto di incertezza globale, ciò che succede in Cina avrà inevitabilmente ripercussioni anche sul resto del mondo. Per questo, investitori e osservatori internazionali continueranno a monitorare da vicino ogni mossa di Pechino, con la speranza che il gigante asiatico riesca a superare questa fase di difficoltà e a tornare a essere uno dei principali motori dell’economia globale.