Nell’articolo di oggi vedremo come la “crescita economica” sia diventata la soluzione universale per molti problemi che riguardano i paesi più sviluppati d’Europa e del resto del mondo, dai servizi pubblici in crisi al debito nazionale e alla disoccupazione. Parleremo delle vere cause della crescita economica, un mistero nonostante decenni di studi. Comprendere questi concetti è cruciale per sviluppare strategie efficaci che possano realmente portare prosperità nel futuro. 

La crescita è diventata una di quelle rare cose, una panacea politica: promette di giovare a quasi tutti nella società, lasciando pochi problemi fuori dalla sua portata riparatrice. Per questo motivo, il suo perseguimento ha piegato lo spettro politico su se stesso, con leader agli estremi opposti che si sono trovati d’accordo sui suoi meriti. Per Sir Keir Starmer, si tratta della “missione fondamentale” del suo governo; per Rishi Sunak, era una delle sfortunate “cinque priorità” del suo partito. L’attenzione alla crescita è sicuramente giusta. Ne abbiamo bisogno. La vera sfida è come crearla. I leader politici di oggi parlano con sicurezza di ciò che è necessario. Ma questo senso di sicurezza è del tutto in contrasto con quanto poco sappiamo sulle cause della crescita. Per cominciare, l’idea che si debba perseguire la crescita è sorprendentemente nuova. Prima degli anni Cinquanta, quasi nessun politico, policymaker o economista ne parlava. La situazione è cambiata con la guerra fredda. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, entrambi nel disperato tentativo di dimostrare che stessero vincendo la battaglia ideologica, gareggiavano furiosamente per superarsi a vicenda. Mentre l’interesse politico decollava, gli economisti si accavallavano l’uno sull’altro nel tentativo di apparire utili, rispondendo, con nuove storie, modelli e dati, a queste preoccupazioni pratiche. 

In netto contrasto con il PIL degli UK che è comunque cresciuto, ma a dei tassi e, dunque, ad una velocità estremamente contenuti. 

Eppure, nonostante tutta questa potenza intellettuale, mancano ancora risposte definitive alla domanda su quali siano le cause della crescita. “L’argomento si è rivelato elusivo”, ha scritto l’economista Elhanan Helpman nel 2004, “e rimangono molti misteri”. C’è una visione antiquata dell’attività produttiva, che immagina l’economia come una cosa puramente materiale. Da questa prospettiva, la crescita è guidata dalla costruzione di cose impressionanti che tutti possiamo vedere e toccare: treni più veloci, strade più larghe, più case. Il poco che sappiamo suggerisce che in realtà non proviene dal mondo delle cose tangibili, ma piuttosto da quello delle idee intangibili; non dall’assorbimento di risorse sempre più limitate come terra, persone, macchine e così via, ma dalla scoperta di nuove idee che fanno un uso sempre più produttivo di tali risorse. O, più semplicemente, una crescita economica sostenuta deriva dall’incessante progresso tecnologico. Queste osservazioni hanno importanti implicazioni pratiche. La prima è un avvertimento contro l’arroganza. I leader politici non dovrebbero pretendere di avere più controllo sul nostro destino economico di quanto ne abbiano in realtà. Dopo tutto, se ci fosse una semplice leva da tirare per ottenere una maggiore crescita, il problema dello sviluppo economico sarebbe già stato risolto da tempo. Quest’ultima osservazione ci offre una guida. Non possiamo semplicemente “costruire” la nostra strada verso una maggiore prosperità: ci sono buone ragioni per costruire più case, ad esempio, ma è improbabile che una trasformazione radicale delle prospettive di crescita nazionale sia una di queste.

Per garantire la crescita sarà invece necessario concentrarsi senza sosta sulla scoperta di nuove idee, facendo tutto il possibile per rendere la Gran Bretagna il posto migliore al mondo per sviluppare e adottare le nuove tecnologie più potenti del nostro tempo. Il nuovo governo potrebbe iniziare a investire molto di più nella ricerca e sviluppo. Nel Regno Unito, la spesa in percentuale del PIL è ferma ad appena la metà di quella raggiunta da Israele (il leader in questo campo). Ma dobbiamo andare oltre. Nel corso del XX secolo, la crescita è avvenuta fornendo agli esseri umani un’istruzione sempre maggiore: prima la scuola di base e poi, più tardi, i college e le università.

Per questo motivo è conosciuto come il secolo del capitale umano, un’epoca in cui la prosperità di un Paese dipendeva dalla sua volontà di investire nelle persone. Ritornando all’esempio di Israele, conosciuto anche come la “Startup Nation”, notiamo come investa circa il 4.1% del suo PIL in ricerca e sviluppo, creando un ecosistema fertile per oltre 6.000 aziende tecnologiche. Il governo israeliano ha svolto e svolge tuttora un ruolo cruciale nel sostenere questa crescita, fornendo finanziamenti e supporto attraverso l’Autorità per l’Innovazione di Israele, mentre un robusto ecosistema di venture capital e un sistema educativo focalizzato sulle discipline STEM hanno ulteriormente alimentato questo sviluppo. Un altro esempio è la Corea del Sud, che ha trasformato la sua economia grazie a piani quinquennali di sviluppo economico, incentivi per l’innovazione, investimenti significativi in educazione e formazione, e infrastrutture tecnologiche avanzate. Questi paesi dimostrano che una combinazione di investimenti strategici, politiche di supporto governativo e un focus sull’istruzione può portare a una crescita economica sostenuta e robusta.

Di seguito un grafico comparativo della crescita del PIL pro-capite nelle principali economie del mondo. 

Il secolo attuale sarà diverso. Le nuove idee verranno meno frequentemente da noi e più dalle tecnologie che ci circondano. Possiamo già intravedere ciò che ci aspetta: dalle grandi aziende come Google DeepMind che utilizzano AlphaFold per risolvere il problema del ripiegamento delle proteine, fino a ciascuno di noi che, alla propria scrivania, utilizza l’IA generativa, da Chat GPT a Dall-E. Se la Gran Bretagna prospererà o svanirà in questo futuro dipenderà dalla volontà di investire in queste nuove tecnologie e nelle persone e istituzioni che le sostengono. Qualsiasi strategia di crescita seria deve partire da questo dato di fatto.

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