“Sono fermamente convinto che nel 2047, quando il Paese festeggerà i 100 anni di indipendenza, la mia sarà un’India sviluppata”. Così Narendra Modi, primo ministro indiano, si è rivolto al suo Paese nel giorno dell’indipendenza del 2023. La sua è un’aspirazione realizzabile? Sì. È plausibile? Un po’ meno. Ma è comunque probabile che per quella data l’India sarà una superpotenza, con un’economia grande quanto quella degli Stati Uniti. Ma come può l’India arrivare a questo punto? Quali sfide dovrà affrontare? Cosa potrebbe significare per il mondo?

Nel 2023, il PIL pro capite dell’India a parità di potere d’acquisto (PPP) sarà poco meno di un quarto di quello della Grecia. 

Se il PIL pro capite dell’India dovesse essere pari a quello della Grecia entro il 2047, il tasso di crescita del PIL pro capite dovrebbe salire al 7,5% all’anno. Questo tasso di crescita non sarebbe molto inferiore a quello della Cina dal 1990 al 2012, quando ha raggiunto lo stupefacente tasso annuo del 9%. 

Le previsioni delle Nazioni Unite indicano che nel 2050 la popolazione indiana sarà di 1,67 miliardi di persone, contro gli 1,32 miliardi della Cina e i 380 milioni degli Stati Uniti. Con una popolazione quattro volte superiore, non sarà difficile per l’India eguagliare la produzione economica totale degli Stati Uniti. Infatti, se il PIL indiano crescesse solo del 5% all’anno fino al 2047 (ben al di sotto del tasso annuo di crescita medio del 6,3% del periodo 1990-2029) e il PIL statunitense crescesse del 2,3% (il tasso di crescita medio del periodo 1990-2029), l’economia indiana (a PPA – Parità di potere d’acquisto o in inglese PPP – Purchasing Power Parity) sarebbe pari a quella statunitense. Gli Stati Uniti sarebbero comunque tecnologicamente più avanzati e con una produttività di gran lunga superiore. Inoltre, è improbabile che l’India riesca ad eguagliare la Cina nel settore manifatturiero: la quota del suo settore industriale sul PIL non solo è molto inferiore a quella della Cina, ma è già in declino. Eppure le dimensioni contano: con la sua enorme popolazione e la sua grande economia, l’India sarebbe una superpotenza, non completamente all’altezza della Cina o degli Stati Uniti, ma indubbiamente una grande potenza. 

Cosa potrebbe impedire che ciò accada? Uno dei motivi potrebbe essere il rallentamento della crescita economica globale rilevato dal World Economic Outlook del FMI dell’aprile 2024. L’impatto e la portata di questo rallentamento strutturale (con la decelerazione della Cina e gli elementi del cambiamento demografico) potrebbero essere aggravati da un forte aumento del protezionismo innescato dalla possibile rielezione di Donald Trump. L’eventuale rielezione del repubblicano Trump, infatti, potrebbe avere un impatto significativo sulla politica economica globale, soprattutto in termini di protezionismo. La presidenza precedente di Trump è stata caratterizzata da politiche commerciali protezionistiche, come i dazi imposti a numerosi paesi, inclusa la Cina. Se dovesse essere rieletto e continuasse su questa linea, potrebbe esserci un impatto negativo sulla crescita economica globale, il che sarebbe un ostacolo per i paesi in via di sviluppo come l’India, che beneficiano dell’apertura dei mercati globali per accelerare la propria crescita. A più lungo termine, la crisi climatica potrebbe influire sulla crescita economica e, più in generale, sul benessere umano. Anche la guerra tra le superpotenze è tutt’altro che inimmaginabile. A fronte di ciò, alcuni sperano che l’intelligenza artificiale riaccenda la crescita economica.

Ma far affidamento solo ed esclusivamente sul potenziale di questa tecnologia, ci sembra quantomeno discutibile. 

Un punto cruciale è che gli indiani avranno bisogno che la loro economia cresca ad una velocità almeno doppia rispetto alla produzione globale. Ciò significa che anche le esportazioni dovranno crescere ad una velocità almeno doppia rispetto alla produzione globale, se non si vuole che il rapporto commerciale si riduca: altrimenti, l’economia diventerebbe sempre più chiusa. 

Ancora una volta, alcuni sostengono che “le esportazioni non sono state importanti per la crescita indiana”. Ma in realtà le esportazioni sono state fondamentali, anche perché pagano le importazioni necessarie, aumentano la concorrenza e offrono accesso al know-how globale. Infine, si sostiene che “le opportunità globali stanno scomparendo”.

Ma la quota dell’India nelle esportazioni mondiali di merci (escluso il commercio intra-UE) era solo del 2,2% nel 2022, contro il 17,6% della Cina. Anche le sue esportazioni di servizi commerciali erano solo il 4,4% del totale mondiale, molto al di sotto della quota degli Stati Uniti (12,8%) e della Cina (6%). 

Inoltre, cosa fondamentale, l’India ha dei punti di forza. L’India, infatti, ha buone relazioni con l’Occidente, per il quale è strategicamente importante. Ma è anche abbastanza importante da contare per tutti gli altri paesi principali. Potrebbe essere quello che il FMI definisce un “Paese connettore” nell’economia mondiale. In effetti, può e deve guidare la liberalizzazione del commercio, sia a livello nazionale che globale. L’India ha anche il vantaggio della sua diaspora, che ha un’enorme influenza, soprattutto negli Stati Uniti. Per chi non lo sapesse, Il termine “diaspora” si riferisce alla dispersione di persone provenienti da una specifica regione geografica o nazione al di fuori dei loro confini tradizionali, spesso formando comunità in altri paesi. Nel contesto della diaspora indiana, non si parla di organizzazioni formali riconosciute a livello istituzionale o governativo, ma piuttosto di comunità spontanee che si sono sviluppate a seguito dell’emigrazione di indiani in tutto il mondo. Le comunità della diaspora indiana sono prevalentemente il risultato di ondate migratorie avvenute per vari motivi, tra cui la ricerca di migliori opportunità economiche, l’educazione, e il lavoro qualificato, soprattutto in settori come la tecnologia, la medicina, e l’accademia.

Queste comunità sono particolarmente numerose e influenti negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, in Australia, e nei paesi del Golfo Persico. Sebbene non siano organizzazioni formali, queste comunità sono spesso ben organizzate a livello locale e possono avere un impatto significativo sulle politiche e sull’economia sia nei loro paesi di origine che in quelli di adozione. Inoltre, molti di questi gruppi mantengono legami stretti con l’India attraverso reti familiari, culturali, e professionali, e spesso partecipano attivamente allo sviluppo socio-economico dell’India attraverso investimenti, trasferimenti di competenze, e rimesse. 

Non da ultimo, le risorse umane dell’India le conferiscono la capacità di diversificare e migliorare l’economia nel tempo. In India, l’accento posto sull’educazione STEM ha reso le università come gli Indian Institutes of Technology (IIT) epicentri di talento e innovazione nel settore tecnologico. Questa enfasi sull’istruzione di alta qualità in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica ha creato una forza lavoro altamente qualificata, pronta a inserirsi nel campo tecnologico in rapida espansione. Parallelamente, il governo indiano ha promosso attivamente il settore IT con politiche che incentivano gli investimenti stranieri e lo sviluppo di parchi tecnologici, rendendo il paese un ambiente attraente per le multinazionali. Di conseguenza, giganti della tecnologia come Microsoft, Google e Amazon hanno stabilito grandi centri di sviluppo in India, non solo per sfruttare i costi competitivi della manodopera, ma anche per accedere a un serbatoio di talenti in continuo rinnovamento. Questi hub non solo offrono opportunità di lavoro locali, ma fungono anche da centri di formazione e sviluppo, contribuendo significativamente alla crescita dell’ecosistema tecnologico indiano e alla sua reputazione come uno dei principali hub tecnologici globali. L’India deve sfruttare questi aspetti. Le dimensioni, insomma, danno peso al Paese. 

Ciò che conta di più, tuttavia, è il modo in cui l’India si gestisce. Le sfide più importanti che riguardo il paese sono di natura interna. Prima di tutto, il mantenimento della stabilità politica è essenziale, in quanto permette un ambiente favorevole agli investimenti e allo sviluppo. In secondo luogo, migliorare l’istruzione e le competenze della forza lavoro è fondamentale per sostenere l’innovazione e la crescita economica.

Terzo, la difesa dello stato di diritto e il miglioramento delle infrastrutture sono necessari per attrarre investimenti esteri e migliorare la qualità della vita. Infine, l’accelerazione verso l’energia pulita non solo aiuterà l’India a combattere il cambiamento climatico, ma anche a posizionarsi come leader in tecnologie sostenibili e rinnovabili. Le recenti elezioni lasciano ben sperare. Il Paese dovrebbe continuare ad avere un governo stabile. Ma il BJP di Modi è stato umiliato. Speriamo che questo convinca il governo a concentrare i propri sforzi sull’economia e sul benessere della popolazione, piuttosto che sulle guerre culturali indiane. L’India può essere una forza stabilizzatrice influente e immensamente importante nel mondo. Dobbiamo tutti sperare che sia all’altezza di questa occasione.

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