Nell’articolo di oggi parleremo della vicenda che ha colpito nei giorni scorsi il titolo del gruppo TIM – Telecom Italia S.p.A., una storia intrecciata tra finanza e strategie aziendali, segnata da un significativo calo di capitalizzazione di mercato e da un piano di ristrutturazione del debito che ha fatto discutere parecchio.
Proprio per far fronte a questo enorme debito, l’AD (o per gli amanti degli inglesismi CEO) Pietro Labriola sta cercando sostegno tra gli azionisti per ultimare un’operazione di vendita della rete fissa italiana, che passerebbe nelle mani del fondo di Private Equity statunitense KKR durante il corso del 2024. Dopo mesi di trattative, il consiglio di amministrazione di TIM ha approvato l’offerta vincolante presentata da KKR per l’acquisto di parte della propria rete di infrastrutture, specificatamente quella che fa riferimento a NetCo e alla controllata FiberCop, di cui KKR possiede già il 37,5% delle quote. L’operazione è valutata in 18,8 miliardi di euro, cifra che potrebbe crescere fino a 22 miliardi di euro a determinate condizioni, e si prevede che consentirà a TIM di ridurre il proprio indebitamento di circa 14 miliardi di euro. L’accordo dovrebbe concludersi entro l’estate del 2024 e include anche la partecipazione del Ministero dell’Economia italiano, tramite Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che deterrà circa il 20% di NetCo. Manovra che al momento sembrerebbe essere ostacolata proprio dal gruppo francese Vivendi, divenuto azionista di maggioranza di Telecom Italia con una quota di partecipazione nella società pari ad oltre il 23%.
Il conglomerato francese, infatti, ha espresso opposizione all’accordo e ha contestato la legalità del voto del consiglio di amministrazione, sostenendo che la vendita dell’intera rete infrastrutturale avrebbe dovuto essere sottoposta al voto dell’assemblea degli azionisti per via della significativa modifica dell’oggetto sociale di TIM. Proprio queste tensioni interne, miste alla già poco felice situazione finanziaria hanno contribuito a far accumulare una scommessa record di quasi €1 miliardo contro le azioni di Telecom Italia.
Questa strategia, adottata da investitori istituzionali come il Canada Pension Plan Investment Board e il fondo speculativo londinese Qube Research & Technologies, mira a capitalizzare sulla previsione di un calo dei prezzi delle azioni. Specificatamente, questi due enti hanno puntato rispettivamente contro lo 0,5% e lo 0,72% del totale delle azioni, secondo quanto riportato da documenti normativi. La vendita allo scoperto è una mossa audace che indica un marcato pessimismo sull’andamento futuro dell’azienda. Gli investitori prendono in prestito le azioni e le vendono, sperando di riacquistarle a un prezzo inferiore in futuro, lucrando sulla differenza di prezzo. La pratica è comune tra coloro che prevedono un declino nel valore di un’azienda, ma comporta rischi significativi, soprattutto se le azioni dovessero invece apprezzarsi. Il caso di Telecom Italia si distacca nettamente non solo per l’ampiezza del fenomeno ma anche quando messo a confronto con altri giganti delle telecomunicazioni europee. La proporzione delle azioni dell’azienda vendute allo scoperto supera di gran lunga quella registrata per altri colossi del settore come il britannico BT, con un 11%, e la Deutsche Telekom tedesca, con solo lo 0,5%. Questo dislivello non fa che sottolineare la sfiducia specifica che grava su Telecom Italia, in contrasto con una percezione decisamente più ottimista, o quantomeno meno critica, nei confronti dei suoi concorrenti. Le scommesse contro il titolo sono quasi raddoppiate da quando gli investitori hanno esitato di fronte al piano triennale di rilancio di Labriola, presentato questo mese. Le proposte di Labriola includono la vendita della rete fissa del gruppo, al gruppo di private equity statunitense KKR e una riduzione del debito netto da 20 miliardi di euro a circa 7 miliardi entro il 2026. Gli analisti si aspettavano una riduzione del debito più rapida. L’annuncio del piano ha portato a un crollo delle azioni del 24% il 7 marzo. Il maggior azionista di Telecom Italia, il conglomerato francese Vivendi, si oppone alla vendita della rete. Il ministro delle finanze italiano Giancarlo Giorgetti ha argomentato mercoledì che, sebbene il governo sostenga la vendita della rete fissa a KKR, spetta al mercato decidere il futuro dell’ex monopolio statale. “Abbiamo fatto ciò che lo stato doveva fare, ora gli investitori valuteranno,” ha detto. Il governo italiano, che può porre il veto su accordi che coinvolgono l’infrastruttura delle telecomunicazioni, prevede di acquisire una quota del 20% nella società di telecomunicazioni. Gli investitori e il consiglio di amministrazione si sono frequentemente scontrati su come affrontare il monte debiti del gruppo. Labriola ha dichiarato al Financial Times l’anno scorso che la vendita della rete era l’ultima risorsa per salvare l’azienda, che consuma 3 milioni di euro al giorno. Il suo predecessore è stato estromesso nel 2021 dopo aver sostenuto una proposta precedente di KKR per privatizzare l’intera compagnia. Secondo la legge europea, le posizioni corte superiori allo 0,5 per cento del capitale azionario di una società devono essere divulgate al mercato. Il fatto che solo due fondi abbiano posizioni maggiori della soglia di divulgazione indica che un numero relativamente grande di gestori ha effettuato scommesse contro l’azienda. CPPIB e Qube si sono rifiutati di commentare sulla vicenda. Tre persone a conoscenza delle trattative hanno detto che Labriola ha incontrato Yannick Bolloré di Vivendi per discutere del piano aziendale. Vivendi ha svalutato 728 milioni di euro dal suo investimento in Telecom Italia nel 2021. Ha investito circa 4 miliardi di euro nella compagnia italiana da quando ha acquisito una quota per la prima volta nel 2015. Altri investitori hanno anche spinto per un cambiamento di strategia. Mercoledì, Merlyn Advisers, che possiede una quota dello 0,5 per cento, ha presentato un piano aziendale alternativo che prevede una scissione del gruppo, inclusa la vendita delle sue operazioni brasiliane e della rete fissa. Riuscirà Telecom Italia guidata da Pietro Labriola a trasformare le sue sfide in opportunità di crescita? Questo momento di riflessione ci invita a considerare non solo il destino di un gigante delle telecomunicazioni ma anche il più ampio impatto sul settore e sull’innovazione tecnologica in Italia. E tu cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti!