In questo articolo scopriremo come e perché alcune pratiche nel mondo dell’investimento sostenibile possano risultare fuorvianti ed in particolare, ci focalizzeremo sui concetti di Green-washing e sull’utilizzo ambiguo dei criteri ESG. 

I Criteri ESG e il loro Significato

Innanzitutto cosa sono i criteri ESG? Molti lettori lo sapranno, ma preferiamo correre il rischio di sembrare ripetitivi… infatti, secondo un report presentato dall’ESG Culture LAB di Eikon Italia, circa il 76% degli italiani non conosce il significato della sigla ESG. Questo dato suggerisce che c’è una mancanza di conoscenza e, forse, di sensibilizzazione in merito all’importanza e all’impatto di questi criteri di sostenibilità. I criteri ESG sono un insieme di standard utilizzati per valutare il comportamento di un’azienda in tre aree principali: ambientale, sociale e di governance. 

I criteri ESG sono diventati un pilastro fondamentale nell’investimento sostenibile, valutando le aziende sulla base di fattori ambientali, sociali e di governance. La loro applicazione pratica ha, però, sollevato dubbi sulla loro efficacia e sulla trasparenza degli stessi. Un esempio lampante è quello (già citato in un nostro articolo precedente) dell’inclusione di Exxon Mobil, una delle maggiori compagnie petrolifere su scala globale, nella lista delle 50 migliori aziende per il rispetto dei criteri ESG. Inclusione che ha generato non poche domande sull’autenticità e la serietà di questi standard. Exxon Mobil, gigante dei combustibili fossili e noto per la sua imponente impronta carbonica, infatti, è stata recentemente lodata per il suo impegno verso gli obiettivi ESG. Una chiara contraddizione: come può un’azienda con un impatto ambientale così marcato essere riconosciuta per la sostenibilità? La risposta risiede nel modo in cui i criteri ESG sono applicati e interpretati…

Ma a questo ci arriveremo a breve. Guardando al di là di Exxon, ci sono altri esempi che ci mostrano la concretezza del problema green-washing. Ad esempio, aziende nel settore del tabacco o delle armi hanno ottenuto punteggi ESG elevati per la loro governance, nonostante i loro prodotti abbiano impatti sociali negativi. Tutto ciò, non fa altro che evidenziare una disconnessione tra i valori ESG promossi e le reali pratiche aziendali. 

Facciamo un passo indietro e spieghiamo meglio cosa sia il greenwashing. Questa “anglofonismo” altro non è che una pratica ingannevole utilizzata da alcune aziende per presentarsi come più ecologiche o sostenibili di quanto siano in realtà. Questa tattica di marketing può coinvolgere la sovraesposizione delle iniziative ambientali dell’azienda, l’uso fuorviante di terminologia sostenibile, o addirittura la diffusione di informazioni false o esagerate. 

Scandali e accuse recenti

Ecco alcuni esempi recenti di aziende quotate in borsa che sono state accusate di greenwashing: • Nestlé: Accusata di greenwashing per le sue affermazioni di marketing sulla sostenibilità ambientale dei suoi prodotti, in particolare per l’uso di olio di palma legato alla deforestazione e alla distruzione dell’habitat di specie in via di estinzione. Nestlé è stata anche criticata per l’impatto ambientale relativo all’uso dell’acqua e al packaging. Inoltre, una causa collettiva ha accusato Nestlé di aver etichettato ingannevolmente i suoi prodotti al cioccolato come sostenibili nonostante il lavoro minorile nelle catene di fornitura e l’assenza di controlli ambientali. • Unilever: Chiamata in causa per greenwashing per l’uso di frasi come “sostenibile” e “verde” senza fornire prove concrete. Unilever è stata criticata per l’uso dell’olio di palma e per la mancanza di trasparenza nelle sue pratiche di approvvigionamento e produzione. Nel 2020, una campagna pubblicitaria TV è stata vietata dall’Autorità per gli Standard Pubblicitari del Regno Unito perché non spiegava come il ciclo di vita completo del prodotto e del suo imballaggio fossero più sostenibili ambientalmente rispetto al predecessore. • Coca-Cola: Accusata di greenwashing per affermazioni fuorvianti sulla sostenibilità ambientale dei suoi prodotti, in particolare per quanto riguarda la biodegradabilità dei suoi prodotti non supportata da prove scientifiche. Coca-Cola è stata condannata per il suo impatto ambientale relativo all’uso dell’acqua, al packaging e al trasporto. È emerso che l’azienda ha aumentato l’uso di plastiche vergini negli ultimi anni, nonostante fosse sponsor della COP27. • Walmart: Criticato per greenwashing riguardo al suo presunto impegno per la sostenibilità ambientale, continuando nel contempo a vendere prodotti con un significativo impatto ambientale. Walmart ha presumibilmente fatto affermazioni false o fuorvianti sui benefici ambientali dei suoi prodotti, come esagerare la quantità di contenuto riciclato nel suo imballaggio o affermare il suo impegno nella riduzione delle emissioni di gas serra che non sono supportate dalle sue azioni. • 3M: Accusata di fare affermazioni fuorvianti sulla sostenibilità ambientale dei suoi prodotti, come esagerare la quantità di contenuto riciclato nel suo imballaggio o affermare la biodegradabilità dei suoi prodotti non supportata da prove scientifiche. 3M è stata criticata per il suo impatto ambientale relativo all’uso di prodotti chimici e alla gestione dei rifiuti, non facendo abbastanza per affrontare l’impatto ambientale dei suoi prodotti e operazioni. • McDonald’s: Accusata di greenwashing per affermazioni che i suoi prodotti erano “ecologici” e che il suo packaging era “riciclabile”, sebbene i materiali di imballaggio non fossero effettivamente riciclabili nella maggior parte dei luoghi. Criticata anche per l’uso dell’olio di palma e per la grande quantità di rifiuti generati dai materiali di imballaggio e dagli sprechi alimentari. 

Ambiguità e Manca di Standardizzazione nei Criteri ESG

Come scrivevamo nel paragrafo precedente, gran parte del problema e dunque dell’ipocrisia di questa tematica risiede nel modo in cui i criteri ESG sono applicati e interpretati. I metodi di valutazione ESG mancano di standardizzazione, rendendo difficile il confronto tra i risultati di diversi provider di rating ESG. Questo problema è evidenziato da uno studio del MIT che ha rilevato una bassa correlazione (0.55) tra i rating ESG di diversi provider. Come se ciò non bastasse, molte società di rating non rivelano completamente come calcolano i loro punteggi ESG, creando un problema noto come “black box” del rating e, per concludere e non farci mancare nulla, questi criteri spesso si basano su dati storici e non riflettono il potenziale di miglioramento di un’impresa o la sua vulnerabilità a rischi futuri.

Il Futuro dei Criteri ESG: Tra Speranza e Scetticismo

Gli esperti in finanza sostenibile e i leader di pensiero hanno sollevato preoccupazioni sull’efficacia dei criteri ESG. Molti sostengono che senza un framework più rigido e standardizzato, l’ESG rischia di diventare un semplice strumento di marketing piuttosto che un indicatore di reale sostenibilità. Inoltre, alcuni investitori iniziano a dubitare dell’autenticità delle valutazioni ESG, cercando approcci più olistici e trasparenti. Il dibattito sull’efficacia e la veridicità dei criteri ESG è in pieno svolgimento. Mentre alcuni vedono un potenziale per miglioramenti e maggiore responsabilità, altri rimangono scettici. La chiave per il futuro dell’investimento ESG potrebbe risiedere in un’evoluzione verso standard più rigorosi e una maggiore trasparenza. 

Allo stesso tempo invitiamo chi è sensibile alla tematica, ad approfondire tramite i report di sostenibilità ed altri dati, la veridicità e la bontà delle iniziative della società sulla quale si vuole investire ed il relativo impatto in termini pratici dei progetti pubblicizzati. Per evitare il rischio del green-washing e promuovere una vera sostenibilità, infatti, è fondamentale sviluppare un approccio più coerente e affidabile alla valutazione ESG. Solo così potremo garantire che gli investimenti sostenibili riflettano veramente un impegno per un futuro più verde e sostenibile.

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