Il 17 marzo 1861 segnò un momento storico per l’Italia, con la nascita di uno Stato unitario. Un evento epocale che, però, segnò anche l’inizio di una costante e preoccupante presenza nella vita economica del paese: il debito pubblico. Analizzando la storia economica italiana, emerge un quadro complesso di gestione del debito, che ha oscillato in risposta a vari eventi storici e politiche economiche
Il Debito del Regno dei Savoia: Un’eredità per l’Italia Unita
Il debito accumulato dal Regno dei Savoia, antesignano dell’Italia unita, costituisce una parte cruciale della storia economica italiana. Questo debito non era solo un fardello finanziario, ma anche un indicatore delle dinamiche politiche e sociali del tempo. Durante il regno dei Savoia, le spese per le guerre e l’espansione territoriale, insieme alle politiche interne, incrementarono significativamente il debito. Questo debito, gestito attraverso una serie di prestiti e politiche fiscali, rifletteva le aspirazioni e le sfide di un regno in cerca di un ruolo più influente in Europa.
La necessità di gestire un debito così elevato influenzò le scelte politiche ed economiche dell’Italia neo-unita, incluse quelle relative alla tassazione e alla spesa pubblica. Questo debito ha contribuito a modellare l’identità economica dell’Italia, influenzando le sue politiche economiche fin dai suoi primi giorni fino all’era moderna. L’analisi del debito del Regno dei Savoia non è solo un esercizio storico, ma offre anche lezioni per il presente. Mostra come decisioni prese in un contesto storico possano avere ripercussioni a lungo termine, sottolineando l’importanza di una gestione economica equilibrata e responsabile. Questa consapevolezza è particolarmente rilevante oggi, in un’epoca in cui l’Italia, come molti altri paesi, continua a navigare nelle acque complesse dell’economia globale e della gestione del debito pubblico.
La Nascita di un Debito
Nel 1861, infatti, l’Italia nasceva già con un pesante fardello finanziario. Già alla fine del XIX secolo, il rapporto debito/PIL aveva raggiunto un picco del 117%, nonostante un disavanzo primario positivo.
Il Secondo Dopoguerra e la Crescita Economica
Il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale vide un decremento significativo del debito, grazie al boom economico che permise di raggiungere i minimi storici del 20% del PIL. Tuttavia, già nel 1968, il debito era risalito al 41%, ben 8 punti percentuali in più rispetto a 5 anni prima, e si iniziarono a delineare quelli che saranno i problemi che accompagneranno l’Italia per quasi un trentennio. Nonostante le condizioni del Bel Paese andassero peggiorando, nel 1981 il debito non era ancora esploso e raggiunse il 60% del PIL circa, questo perché dal 1975 in poi la Banca d’Italia svolse la funzione di prestatore di ultima istanza nell’emissione di titoli di stato indetta dal ministero del Tesoro, in pratica tutte le obbligazioni non collocate venivano acquistate dalla Banca d’Italia, garantendo così il successo del collocamento stesso. Proprio nel 1981, come risultato dell’adesione allo SME e della politica rialzista sui tassi d’interesse da parte della Fed che aveva costretto le altre banche centrali ad adeguarsi all’aumento dei tassi, il ministero del Tesoro e la Banca d’Italia annunciarono il loro “divorzio”, con il quale la banca di Stato perse il potere di acquirente di ultima istanza per i titoli rimasti invenduti, segnando, di fatto, l’inizio di una fase di instabilità caratterizzata da inflazione elevata, debolezza della lira, aumento della spesa pubblica e rallentamento della crescita economica.
Gli Anni di Oscillazione
Il debito pubblico, fin dalla nascita dell’Italia unita, ha rappresentato una sfida costante per l’economia del paese. La sua storia è un intreccio di politiche economiche, eventi storici e risposte istituzionali che hanno plasmato il panorama economico italiano. Comprendere questo andamento è fondamentale per progettare un futuro finanziario sostenibile per l’Italia, affrontando le sfide con strategie efficaci e innovative.