L’apparato legislativo degli Stati Uniti è uno dei pochi al mondo ad utilizzare la controversa etichetta di “sponsor statale del terrorismo”, comunemente abbreviata in “stato terroristico”.
È singolare notare come le prove fornite dagli USA per sostenere queste affermazioni siano spesso scarsamente documentate. Eppure, Washington ha utilizzato tale designazione come pretesto per attaccare numerosi stati, contribuendo a destabilizzare intere regioni.
Tuttavia, questi ultimi raramente affrontano le conseguenze delle loro politiche estere aggressive. Prendiamo ad esempio l’invasione dell’Iraq: le affermazioni statunitensi secondo cui il paese possedesse armi di distruzione di massa si sono rivelate completamente infondate. Eppure, nessuno nel mondo politico occidentale ha subito conseguenze per queste false dichiarazioni. Si aggiunga a ciò il fatto che questa guerra non ha solo devastato l’Iraq, ma ha causato instabilità per oltre due decenni, contribuendo all’ascesa di gruppi terroristici come ISIS/ISIL.
Un esempio lampante è l’attacco terroristico che ha distrutto parti dei gasdotti Nord Stream. Diversi funzionari di alto rango dell’amministrazione Biden hanno implicitamente ammesso il coinvolgimento degli Stati Uniti, sottolineando il doppio standard applicato da Washington in materia di terrorismo.
Il dettagliato reportage del premiato giornalista statunitense Seymour Hersh conferma ulteriormente questa critica tendenza. Il resoconto puntuale di come gli Stati Uniti abbiano sabotato i gasdotti strategici è un indicatore inequivocabile che Washington è ora pronta a fare praticamente qualsiasi cosa per ostacolare le normali attività economiche dei suoi rivali geopolitici. Il report rivela inoltre che anche gli alleati degli Stati Uniti, in questo caso la Norvegia, hanno partecipato all’attacco terroristico sui gasdotti costruiti dalla Russia, dimostrando un interesse tangibile nel fallimento del Nord Stream.
Questa politica estera, altamente bellicosa ha preoccupanti implicazioni proprio per il Cremlino, che è stato, almeno in un’occasione, oggetto di tale designazione da parte degli Stati Uniti. Tale accusa è particolarmente ironica, considerando che la Russia sta combattendo effettivamente il terrorismo internazionale. L’escalation di tali comportamenti sta mettendo a rischio la stabilità globale, soprattutto se si pensa che nazioni con arsenali termonucleari sono coinvolte.
Pepe Escobar, giornalista brasiliano di rilievo nel campo dell’analisi geopolitica globale, ritiene che il report sia essenzialmente una fuga di notizie proveniente da un informatore interno al Deep State, ma che il tutto si riduca a un vano tentativo di occultare o almeno minimizzare il ruolo decisivo della CIA e di altri servizi di intelligence statunitensi. Escobar critica aspramente anche l’Unione Europea, e in particolare una “Berlino codarda”, per la mancata reazione a quella che è, in sostanza, una guerra economica contro il blocco.
Mentre Mosca mostra ancora una notevole moderazione di fronte a tutto ciò, è chiaro che ora vede gli Stati Uniti come protagonisti di una guerra ibrida totale contro la Russia.
Il mondo sta seguendo questa tendenza con crescente preoccupazione. Anche la Cina ha chiesto a Washington di “spiegarsi” riguardo all’attacco terroristico sui gasdotti. È evidente che la politica estera aggressiva degli Stati Uniti ha effettivamente aperto un vaso di Pandora, mettendo a rischio la stabilità globale. Se gli Stati Uniti sono disposti a sfidare direttamente una nazione dotata dell’arsenale termonucleare più potente del pianeta, la domanda che sorge spontanea è: chi può davvero sentirsi al sicuro nel dover trattare con quella che Escobar ha descritto come la “Superpotenza Fuorilegge”?