Nel nostro articolo di oggi parleremo delle obbligazioni CACs e cercheremo di portare un po’ di consapevolezza tra gli investitori che nella maggior parte dei casi non hanno idea di cosa questo acronimo indichi e quali implicazioni pratiche abbia.
Piccolo spoiler: i BTP non garantiscono più il rimborso del valore nominale a scadenza.
Che tradotto per i meno avvezzi vuol dire che i titoli di Stato italiani non sono così sicuri come si vuole far credere.
“CACs” sta per “Collective Action Clauses” (Clausole di Azione Collettiva). Queste clausole sono inserite in alcuni contratti di debito sovrano per permettere una supermajority di detentori di bond di accettare una ristrutturazione del debito, che poi vincolerebbe tutti gli altri detentori, inclusi quelli che potrebbero non essere d’accordo con la ristrutturazione.
L’utilizzo di CACs è diventato comune nelle obbligazioni emesse sotto giurisdizione inglese già negli anni ’90, mentre per quelle emesse sotto giurisdizione di New York sono diventate più comuni dopo l’inizio degli anni 2000, in risposta a problematiche legate alla ristrutturazione del debito in paesi come l’Argentina.
Mentre le CACs possono facilitare la ristrutturazione, non determinano le condizioni effettive della ristrutturazione stessa (come i tassi di interesse, i periodi di grazia, ecc.), ma piuttosto stabiliscono il meccanismo attraverso il quale i detentori di bond possono accettare un accordo di ristrutturazione. Il che dà ancora più potere di rinegoziazione alle istituzioni emittenti del debito.
Un meccanismo simile in linea di principio alla famosa “Patrimoniale” un prelievo forzoso adoperato dal governo per risanare i dissesti finanziari originatisi dall’elevato Debito Pubblico. L’ultimo realizzato risale al 1992, durante il governo Amato.
i CACs valgano soltanto per i titoli emessi dal 1° gennaio 2013 in poi e non dalle obbligazioni precedenti. Si tratta di un’eventualità remota ma che non può essere tralasciata dagli investitori. Fra le obbligazioni soggette a questi accordi ricordiamo anche i bonos spagnoli, i titoli di Stato portoghesi oltre ad i BTP italiani, compresi anche i più recenti BTP Italia, BTP Futura ed i Certificati di Credito del Tesoro, inclusi quelli zero-coupon (CTZ).
La domanda che qualcuno potrebbe porsi giunto a questo punto è: “Chi me lo fa fare di investire in Titoli di Stato se non sono garantiti neanche quelli?”
La verità è che le obbligazioni governative rappresentano, in alcuni casi ed in specifiche condizioni di mercato, delle ottime alternative di investimento nonché una tipologia di asset class che, a nostro parere, non può essere esclusa nella costruzione di un portafoglio di lungo termine ben diversificato.
Il nostro invito per i nostri lettori ed investitori, è quello di approcciare questa asset class in maniera più cauta e al tempo stesso più speculativa, tenendo sempre a mente il loro grado di rischiosità.
Le obbligazioni non sono più pensate per la “nonnina” che vuole dormire sonni tranquilli e, a dirla tutta, non esistono più strumenti che possono soddisfare il bisogno di un più o meno contenuto rendimento garantito.
L’epoca delle garanzie è finita e, come investitori, la cosa più intelligente che possiamo fare è prendere consapevolezza di questi cambiamenti.
E tu cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti!