Abbiamo già parlato dei BRICS nei nostri post precedenti, dei singoli paesi che compongono questo polo geopolitico ed economico, ed oggi parleremo delle novità che ha portato con sé l’ultimo summit di Johannesburg, Sud Africa. L’acronimo “BRIC” fu proposto per la prima volta da John O’Neill, economista capo di Goldman Sachs, nel 2001. Suggerì che queste economie emergenti (Brasile, Russia, India, Cina) avrebbero avuto un impatto significativo sulla governance economica mondiale e avrebbero dovuto avere una rappresentanza maggiore nelle istituzioni globali. Lo scorso 24 agosto è terminato il 15esimo vertice dei Paesi dell’Unione BRICS. Durante i 3 giorni del summit, si è discussa la possibilità di utilizzare le valute locali dei paesi del blocco per gli scambi commerciali, in un tentativo di “de-dollarizzazione” delle transazioni globali. Al vaglio, durante il vertice, anche l’approvazione all’ingresso di 6 nuovi paesi all’interno del polo geopolitico. I 6 nuovi paesi, che entreranno ufficialmente a far parte dei BRICS a partire dal 1 gennaio 2024, sono: Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Argentina, Egitto ed Etiopia. Il nuovo blocco di 11 paesi è stato già ribattezzato “BRICS +6”, ma vediamo di capire perché l’ingresso di questi nuovi paesi rappresenti un passaggio di fondamentale importanza e quali implicazioni potrebbe portare. Ad esclusione dei due paesi Arabi, i restanti quattro paesi sono attualmente caratterizzati da una forte inflazione che viaggia tra il 25% ed il 40% circa in Iran, Egitto ed Etiopia. Molto più contenuta rispetto alle stime del paese argentino che dopo aver svalutato la sua moneta (peso argentino) del 22%, viaggia su valori superiori al 100% di inflazione. Questo 2023, nella fase precedente all’ingresso delle nuove nazioni, vede il blocco dei paesi BRICS superare il peso del PIL dei paesi del G7, come mostrato nella figura che segue.
I nuovi BRICS +6 rappresenteranno il 46% della popolazione mondiale e copriranno circa il 37% del PIL globale misurato a parità di potere d’acquisto.
Con l’integrazione di questi sei paesi, i BRICS avranno il controllo su circa il 40% della produzione mondiale di petrolio e gas, e sul 70% di quella di carbone. Per quanto riguarda i metalli, saranno in grado di produrre l’80% del platino, il 70% del palladio, l’80% dell’alluminio e circa il 50% della produzione di rame. Questi dati ci mostrano che ciò che attualmente unisce questi paesi è la loro posizione dominante e strategica nella produzione globale di materie prime. Il presidente del Sud Africa, Cyril Ramaphosa, durante la conferenza stampa al termine del vertice, ha descritto il blocco come “un partenariato paritario tra paesi con visioni diverse ma con una visione condivisa per un mondo migliore.” Una descrizione molto puntuale e rappresentativa delle differenze culturali di questi paesi. Infatti, anche se i BRICS rappresentano una forza economica combinata di $26 trilioni ed una popolazione di 3,5 miliardi di persone, tra i paesi esistono tensioni interne, come quelle tra India e Cina. I loro obiettivi comuni sono spesso messi alla prova dalla mancanza di una storia ed una cultura condivise come quella dei paesi occidentali.
Dal punto di vista finanziario sicuramente ci sono ottime possibilità di crescita e sviluppo verso questi paesi. Basti pensare all’indice di borsa indiano che in poco meno di 15 anni, dai minimi del 2009 (circa 8.700 punti) ad oggi (circa 66.200 punti) ha quasi ottuplicato il suo valore. Vedremo nei mesi e negli anni a venire cosa accadrà e se questa nuova unione geopolitica oltre che economica e monetaria riuscirà ad affrontare le sfide che si pongono davanti al suo cammino. Di certo i BRICS, soprattutto ora con l’aggiunta dei sei nuovi membri, non possono più essere ignorati. E tu cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti!