Tempo di lettura: 7 minuti

Nell’articolo di oggi tratteremo un argomento particolarmente delicato: quello della guerra scoppiata tra Russia ed Ucraina. Il conflitto russo-ucraino è uno scontro politico, diplomatico e militare iniziato nel febbraio del 2014 e che dal febbraio 2022 vede fronteggiarsi le truppe dei due paesi dell’Europa orientale. Il nostro scopo in questo articolo non è quello di prendere le parti di uno dei due governi coinvolti, bensì quello di sottolineare gli interessi economici in ballo tra le parti ed in particolare del governo Ucraino poiché lo scontro, da oltre un anno a questa parte, si sta materialmente svolgendo sul suolo ucraino. Come abbiamo visto anche nel caso degli avvenimenti dell’11/09/2001, di cui abbiamo parlato in una nostra precedente pubblicazione, durante le crisi e gli avvenimenti catastrofici “c’è chi piange e chi vende fazzoletti”. Questa affermazione è particolarmente vera quando si parla di conflitti militarizzati di grande portata. L’affermazione che le guerre possano fungere da motori di ripresa e sviluppo economico è un concetto complesso e spesso controverso. Le ragioni a sostegno di questa idea sono molteplici e sfaccettate. Durante i conflitti, gli Stati tendono ad aumentare le spese militari, innescando un aumento della domanda di beni, servizi e manodopera. Questo ciclo può generare occupazione e stimolare l’industria a produrre di più. Un esempio classico è la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale la trasformazione dell’economia statunitense in un gigante industriale bellico creò una notevole occupazione e un impulso alla produzione. La necessità di ottenere un vantaggio bellico, inoltre, spinge all’innovazione tecnologica. Molte tecnologie nate dall’esigenza di vincere una guerra hanno trovato applicazioni civili dopo il conflitto. È così che l’innovazione si diffonde dalla sfera militare a quella civile, portando benefici duraturi. La fase di ricostruzione post-bellica offre un’altra occasione per lo sviluppo economico. Di fatto, dopo una guerra, si presenta spesso la necessità di riparare e ricostruire le infrastrutture distrutte e di ristabilire l’ordine economico. La ristrutturazione di questo ordine economico può dipendere in alcuni casi anche dal risultato del conflitto. Nazioni vinte o vincitrici possono vivere stravolgimenti nell’ordine economico oltre che politico sia su un livello nazionale interno che su scala globale. Non va sottovalutato, infine, l’impatto delle motivazioni psicologiche. Lo spirito patriottico e la sensazione di unità che emergono durante i conflitti possono aumentare la produttività e promuovere la cooperazione tra i cittadini, generando un senso di scopo condiviso. I costi umani e economici sono profondi e duraturi e questi sono dati imprescindibili. Le distruzioni materiali, l’uso delle risorse per scopi bellici anziché civili e gli oneri del debito accumulato possono pesare a lungo sulle economie. Oltre agli impatti materiali, le guerre possono stravolgere il tessuto sociale e politico delle nazioni coinvolte. Cercando di non cadere nell’ovvio, potremmo riassumere il concetto sottolineando come durante queste guerre gli individui, i gruppi e le società realmente in grado di trarre beneficio da questi scenari sono molto poche, e tendenzialmente a scapito della stragrande maggioranza della popolazione.

Come accennato nell’introduzione, ci soffermeremo sull’Ucraina ed il suo governo e sui legami intrattenuti dallo stesso con due dei principali gruppi di Asset Management su scala globale. BlackRock e JPMorgan Chase, infatti, stanno aiutando il governo ucraino a istituire una banca di ricostruzione al fine di impiegare il capitale pubblico in progetti di ricostruzione in grado di attrarre centinaia di miliardi di dollari di investimenti privati. Il Fondo per lo Sviluppo dell’Ucraina si trova ancora nella sua fase di pianificazione e si prevede che verrà lanciato completamente una volta terminate le ostilità con la Russia. Tuttavia, gli investitori hanno già avuto un’anteprima del progetto durante l’ultima settimana dello scorso giugno, in una conferenza a Londra co-organizzata dai governi britannico e ucraino. La World Bank, a marzo di quest’anno, ha proposto una stima di 411 miliardi di dollari di spesa per la ricostruzione dopo la guerra, da parte del governo ucraino e di certo i recenti attacchi russi non hanno fatto altro che gonfiare quella cifra. Lo scorso novembre, il governo di Kyiv aveva coinvolto la divisione di consulenza di BlackRock per individuare le modalità migliori per attirare investimenti e capitali esteri, per poi in tempi più recenti aggiungere al board consultivo anche JP Morgan e McKinsey. Non è stato stabilito un obiettivo di raccolta fondi formale, ma persone informate sulle discussioni dicono che il fondo sta cercando di ottenere capitali a basso costo da governi, donatori e istituzioni finanziarie internazionali e di utilizzare una leva fino a 10 volte superiore per attirare investitori privati. BlackRock e JPMorgan starebbero offrendo i loro servizi per poter ottenere un’anteprima degli investimenti possibili nel paese. L’incarico approfondisce anche la relazione di JPMorgan con un cliente di lunga data. La famosa banca d’investimento ha aiutato l’Ucraina a raccogliere oltre 25 miliardi di dollari in debito sovrano dal 2010 e ha guidato la ristrutturazione del debito del paese da 20 miliardi di dollari nel 2022. A detta di BlackRock, quello di cui l’Ucraina ha realmente bisogno, è per l’appunto una banca di sviluppo per trovare opportunità di investimento in svariati settori tra cui infrastrutture, clima e agricoltura e renderle interessanti per i fondi pensione e altri investitori e prestatori a lungo termine e per superare le preoccupazioni degli investitori sulla governance del paese, ci si aspetta che il fondo componga il suo consiglio con rappresentanti di istituzioni finanziarie internazionali e governi e assuma professionisti degli investimenti per attuare la sua strategia. A riprova di quanto appena riportato, le parole di Brandon Hall, co-direttore della divisione Financial Markets Advisory di BlackRock: “La nostra opinione è che se si ha una struttura di governance solida e un insieme di stakeholder internazionalmente credibili che ricoprono la posizione di leadership in questo fondo, allora si compirà un grande passo avanti”. Che tradotto vuol dire che il governo sarà praticamente commissionato da istituzioni finanziarie il cui modello di business consiste nel generare plusvalenze e mitigare le potenziali perdite anche con l’adozione di strategie a dir poco “stringenti” come quelle di austerity che noi italiani dovremmo già conoscere. “

“La parte importante è che l’Ucraina sta già guardando avanti,” ha detto Weiler, Head CEEMEA Debt Capital Markets di J.P. Morgan, proseguendo “Quando finirà la guerra, vorranno essere pronti e avviare immediatamente il processo di ricostruzione.” Le riflessioni che possono scaturire dopo ciò che è stato appena riportato sono tanto semplici quanto poco rassicuranti. Un fondo di ricostruzione funziona solo se c’è qualcosa da ricostruire e di certo gli interessi del popolo Ucraino sembrerebbero non essere allineati con gli obiettivi di questi Asset Manager, che quantomeno per ora, non sembrerebbero avere alcun interessare nel vedere un’interruzione del conflitto seguita da accordi e trattati di pace. Se a questo, aggiungiamo lo straordinario potere di BlackRock, JP Morgan e altre società di Asset Management come Vanguard o State Street, che tramite partecipazioni di maggioranza controllano le principali società ed istituzioni di tutto il mondo, da quote nel colosso della distribuzione di gas naturale russo Gazprom, passando per le principali società statunitensi che riforniscono il governo USA di armi e materiale militare come Raytheon e Lockheed Martin, siamo in grado di “unire i puntini” e di capire come queste società siano in grado di guidare, seppur con diversi gradi di separazione, società e governi. A tal proposito è utile ricordare che le campagne elettorali non si pagano da sole, soprattutto negli USA. Da queste semplici osservazioni e notando quanto profonde siano le radici di queste società che finanziano ed investono indistintamente su tutte le “pedine” coinvolte in questi macabri giochi economici e geopolitici, risulta difficile credere che questi fondi d’investimento abbiano a cuore qualcosa che non sia il mero profitto. E tu cosa ne pensi? Faccelo sapere nella sezione commenti!